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I luoghi fisici e virtuali dell’innovazione

In questi anni c’è un gran parlare di innovazione: quando ci lavori è la tua quotidianità e tutto è abbastanza chiaro, ma c’è sempre chi riesce a stupirti. 

“Conosci gli Startup Studio?”

Non ancora” è la mia risposta frequente: so che esce continuamente qualcosa di nuovo. È un mondo che per definizione deve essere dinamico e in continua evoluzione, ma a volte è molto effimero e devi indagare per capire.

 

Il mio job title oggi dice Head of Innovation Hub, ma molte persone non sanno cosa sia un Innovation Hub. Occuparsi di innovazione non è come occuparsi di amministrazione, vendite o logistica, mondi che a loro volta si sono arricchiti di job title inesistenti pochi anni fa, ma che comunque sappiamo essere meno rivoluzionari e instabili.

Ritengo che nel mondo dell’innovazione ci sia una particolare confusione che ora tento di semplificarvi. Prima di tutto si possono differenziare due macro-aree dell’innovazione:

  • l’innovazione di sostegno, che si occupa di migliorare i sistemi esistenti – come la telemedicina o il controllo qualità – servendosi dell’Intelligenza Artificiale nelle catene di produzione;
  • l’innovazione dirompente, che permette di individuare creazioni rivoluzionarie, capaci di cambiare significativamente il contesto al quale siamo abituati: come l’e-commerce, ad esempio, o lo smartphone, che hanno modificato sostanzialmente i nostri comportamenti e le nostre abitudini.

L’innovazione dirompente si pensa sia inventata e prodotta dalle startup. L’innovazione di sostegno, invece, dalle grandi aziende che, con o senza la collaborazione dei centri di ricerca universitari, si sono dimostrate più interessate a migliorare il core business senza mettere in atto grandi stravolgimenti aziendali.

 

Per fortuna, non ci sono solo questi due compartimenti stagni, ma esistono piuttosto degli ecosistemi pubblici, privati e misti dove istituzioni, aziende e startup si incontrano, si supportano vicendevolmente, interagiscono e collaborano, ognuno con i propri punti di forza e competenze contribuendo alla realizzazione di un nuovo progetto di sperimentazione.

 

 

Partiamo dalle startup, tralasciando le istituzioni e i centri di ricerca, che sono già ampiamente conosciuti. Le startup non sono ancora determinate in modo univoco, ma la definizione più diffusa è quella tratta dal The Startup Owner’s Manual di Steve Blank, per cui esse sono “un’organizzazione temporanea progettata per creare un business model ripetibile e scalabile”. Aggiungiamo poi, citando Eric Reis, che una startup è anche “progettata per creare un nuovo prodotto o servizio in condizioni di estrema incertezza” e, di certo, per farlo nel minor tempo possibile.

Le startup si trovano in luoghi fisici o virtuali quali:

  • Incubatori pubblici o privati, dove vengono supportate nel fare i primi passi, ad esempio nella redazione del business plan, la costruzione del team, la progettazione del servizio o prodotto, in pratica tutto ciò che serve per entrare nel mercato di riferimento. Per questo motivo quasi tutti non richiedono equity (partecipazione al capitale sociale) e il programma dura da 2 a 3 anni.
  • Acceleratori (soprattutto privati) che, nella maggioranza dei casi, richiedono invece equity (in media dal 7% al 10% del capitale sociale), mentre altri si fanno pagare una quota fissa. Questi facilitano il consolidarsi della startup nel mercato di riferimento e la raccolta di fondi (nello specifico di Venture Capital e Business Angel). I programmi di accelerazione hanno una durata più breve, in media da 3 a 6 mesi, a seconda dello stato evolutivo o di maturità della startup.

 

In entrambi i casi, per accedere ai programmi di incubazione e accelerazione si devono superare delle selezioni molto severe, visto che una startup su dieci fallisce (fonte: www.ice.it/it/settori/startup-innovazione/monitoraggio-startup), mentre circa il 90% - 95% non supera i 3 anni di vita.

Cosa ho capito di uno Startup Studio? Che la sua attività principale è produrre aziende. Non le consiglia, non le accelera, ma le costruisce da 0 a partire da un’analisi approfondita dei trend di mercato e dei bisogni reali a cui non è ancora stata data una risposta. Lo Startup Studio è pensato per abbassare il più possibile la percentuale di fallimento di una startup e, allo stesso tempo, aumentarne la percentuale di successo grazie all’esperienza e al network della struttura. Il nome Startup Studio è stato coniato da Bill Gross, il fondatore di IdeaLab fondata nel 1996. Company Creator, Startup Studio e Venture Studio, Company Builder e Startup Foundry sono sinonimi. In Italia sono ancora poco diffusi, ma vedremo cosa succederà in futuro.

 

 

Frequento abitualmente i pitching day e i demo day organizzati da Incubatori e Acceleratori perché ho l’opportunità di conoscere startup che potrebbero essere utili all’azienda da diversi punti di vista, ad esempio per colmare un “buco” di competenze, conoscere un modo nuovo di fare “vecchie” cose, ideare un nuovo progetto per l’ecosistema del quale mi occupo, fare partnership con aziende diverse dalla mia che si stanno interessando agli stessi temi e per approcciare a nuovi mercati complementari al business tradizionale.

Il concetto di Innovation Hub è stato ideato e concretizzato dalla Commissione Europea, che nel 2008 ha istituito l’European Institute of Innovation & Technology per rafforzare la capacità di innovazione dell’Europa. L’EIT è un’iniziativa unica che spinge l’innovazione europea integrando imprese, istituzioni e la ricerca per trovare una soluzione alle pressanti sfide globali. Ad oggi, sono otto gli Innovation Hub totali, ciascuno dei quali si concentra su una sfida globale specifica: clima, digitale, cibo, salute, energie rinnovabili, manufatturiero, materie prime e mobilità urbana. A questi otto, poi, ne sono stati affiancati altri attraverso partnership locali e di sistema.

 

Il modello Innovation Hub è stato replicato da organizzazioni pubbliche e di categoria come Confindustria, CNA, Confcommercio e altre private, da medie e grandi aziende interessate a promuovere l’innovazione. Per riuscire a rimanere in contatto con le nuove scoperte tecnologiche, sempre più veloci e frequenti nelle applicazioni di business, le aziende hanno costruito i propri hub. Un Innovation Hub mette dunque a disposizione un ecosistema di startup, aziende, centri di ricerca e liberi professionisti al servizio dello sviluppo sostenibile e degli obiettivi di business. L’innovazione è strettamente correlata con il concetto di rischio: si rischia di perdere tempo e risorse nonché denaro. L’Innovation Hub di fatto è una community nella quale ci si supporta reciprocamente per creare maggiore valore, spingere l’evoluzione di un ambito specifico riducendo il rischio.

 

Accanto ad un Innovation Hub spesso vi è un Innovation Lab, un vero e proprio laboratorio fisico dove le soluzioni individuate prendono forma e sostanza, vengono testate, e nella migliore delle circostanze, ne viene creato il prototipo.

Credo si possa immediatamente cogliere l’importante ruolo che gli Innovation Hub hanno nel mettere a terra e rendere concrete scoperte come il Quantum Computing, l’Edge-AI e tanto altro. Il valore che generano è veramente rilevante in termini di conoscenze, competenze e applicazioni che hanno l’obiettivo di migliorare processi e prodotti, riducendo impatti ambientali e rendendo la tecnologia sempre più sostenibile e utile all’umanità.

Penso che sia altrettanto immediato cogliere la complessità di questi luoghi dell’innovazione, dove la collaborazione e la cooperazione, fondamentali per la riuscita di un processo, si possono scontrare con temi di proprietà intellettuale, segreti industriali e competizione.

Per gestire tutto ciò, credo molto nel modello di Open Innovation, che fornisce delle linee guida per gestire la complessità degli Innovation Hub e nella maturità relazionale di persone e aziende che decidono di farne parte e giocarvi partite importanti.

 

 

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Tag: Innovation